Psiche Techne

/Psiche e techne/, di Umberto Galimberti, riprende e amplifica alcuni di questi concetti. Egli sostiene che la tecnica ha sostituito la natura che ci circonda e costituisce oggi l’ambiente nel quale viviamo. Noi però ci muoviamo in esso con i tratti tipici dell’uomo pre-tecnologico che agiva in vista di scopi, con un bagaglio di idee proprie e di sentimenti in cui si riconosceva. Ma la tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di salvezza, non svela verità, la tecnica “funziona”.

Come “analfabeti emotivi” assistiamo all’irrazionalità che scaturisce dalla perfetta razionalità dell’or-ganizzazione tecnica, priva ormai di qualunque senso riconoscibile. Ciò di cui necessitiamo è un ampliamento psichico capace di compensare la nostra attuale inadeguatezza.

Il progresso tecnico-scientifico provoca l’irreversibile decadenza dell’umanesimo: il pensiero viene sottomesso alla potenza della tecnica. La tecnica contiene una volontà di dominio che vuole in primo luogo il proprio infinito potenziamento: “vuole se stessa”.

Che l’umanesimo sia finito è una storia vecchia almeno di cent’ anni nel senso che già lo diceva Heidegger nel 1930. Cosa vuol dire /umanesimo/ fondamentalmente? Che l’uomo può governare la terra: ecco oggi questa proposizione non è più praticabile. Per “tecnica” intendo l’oggettivazione dell’intelligenza umana, la quale è decisamente superiore a qualsiasi uomo, per cui non è più possibile pensare l’uomo come colui che dispone della terra ma bisogna pensare a quei processi di oggettivazione della sua intelligenza che si chiamano tecnica e che, essendo superiori alla capacità di tutti gli uomini (intesi sia come individui, sia come gruppi), governano la tecnica, ossia governano la terra. Il problema grosso è che la tecnica non ha uno scopo. Nel senso che, nelle età pretecnologiche, la tecnica è sempre stata pensata come un mezzo. E gli scopi li assegnavano gli uomini……